Prime Esperienze
Un pomeriggio di Luglio con Andrea
di Edward82
23.11.2024 |
49 |
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"Andrea quel pomeriggio mi aveva chiesto un favore: doveva andare al casolare di famiglia per dar da mangiare agli animali, ma quel giorno non aveva un mezzo..."
Era un pomeriggio d'estate, il sole alto e l'aria calda che profumava di erba e terra. Il sole iniziava a scivolar lento verso l'orizzonte.Io 15 anni e Andrea 17 ci conoscevamo da anni, cresciuti insieme in un piccolo paese dove tutti si conoscevano e ogni angolo aveva un ricordo. Da bambini passavamo infinite ore a giocare nei campi e a correre tra i sentieri in bicicletta.
Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo dentro di mè. C'era qualcosa in Andrea che mi turbava, ma non riuscivo a definirlo. Era sempre stato il mio migliore amico, ma da qualche settimana, ogni volta che lo guardavo, un'emozione nuova prendeva il sopravvento. Era come se i miei occhi vedessero qualcosa che non avevano mai visto prima, come se i miei sensi fossero accecati da una rivelazione che non riuscivano a comprendere. Ogni sorriso di Andrea, ogni movimento che faceva mi sentivo intrappolato, come se stessi vivendo due vite separate: quella del ragazzo che aveva sempre amato Andrea come amico, e quella di qualcuno che ora desiderava qualcosa di più.
Andrea quel pomeriggio mi aveva chiesto un favore: doveva andare al casolare di famiglia per dar da mangiare agli animali, ma quel giorno non aveva un mezzo.
"Possiamo andare con il tuo motorino?"
"Ci mettiamo poco," mi chiese, con quel sorriso sfrontato che lo caratterizzava.
Non ci pensai due volte. "Certamente, andiamo!"
Andrea era tutto quello che io non ero. Aveva un fisico perfetto, scolpito e abbronzato, occhi scuri penetranti e un sorriso che ti faceva perdere la testa. Io, invece, avevo un corpo più rotondo, quasi effeminato, occhi verdi, labbra carnose con un filo di burrocacao e i capelli lunghi chiari boccolosi, ondulati che attiravano l'attenzione di chi mi osservava da dietro e quel pomeriggio li avevo legati con una molletta.
Andrea indossava una canottiera bianca attillata che lasciava intravedere il petto scolpito e un pantaloncino corto nero in cotone che abbracciava le sue gambe muscolose e faceva intravedere tutte le sue forme. Io indossavo una tshirt giallo verde e dei pantaloncini corti grigi, per mettere in mostra le mie gambe lisce che avevo iniziato a radere per fare nuoto.
Andrea si sistemò dietro di me, accovacciato sul sellino. Sentivo le sue mani posarsi leggere sui miei fianchi per tenersi in equilibrio, il suo corpo muscoloso aderire al mio, e il suo respiro vicino all'orecchio e non potei fare a meno di arrossire.
Il tragitto era breve, ma ogni curva, ogni movimento del motorino sembrava amplificare la sua presenza. Durante il tragitto, l'aria fresca accarezzava il viso, ma la presenza di Andrea, così vicina, era inconfondibile. Il suo corpo atletico, i muscoli tesi sotto la canotta leggera, e quel profumo misto di shampoo e pelle abbronzata mi facevano sentire stranamente agitato.
Arrivati al casolare, scese con agilità, stirandosi leggermente.
"Grazie per avermi accompagnato" disse, guardandomi con quel suo sorriso accattivante. Io lo seguii al fienile, cercando di non fissarlo troppo.
Andrea si mise a lavorare con dedizione, i muscoli delle braccia che si tendevano ad ogni movimento. Io, seduto su un ceppo di legno poco distante, lo osservavo in silenzio, ipnotizzato dal ritmo dei suoi gesti sicuri.
Il sole batteva forte, e l'aria sembrava vibrare per il caldo opprimente. Dopo un pò, Andrea si fermò un attimo, passandosi una mano sulla fronte lucida di sudore. Senza pensarci troppo, si tolse la canottiera e la gettò addosso a me, rimanendo a petto nudo.
Il suo corpo era scolpito e il sudore gli scivolava sulla pelle abbronzata, riflettendo la luce del sole in scintille sottili, come piccole gocce di cristallo. Ogni movimento metteva in evidenza la tensione dei muscoli, il loro gioco fluido sotto la pelle.
L'aria intorno sembrava più densa, carica di calore e di qualcosa di indefinito che rendeva l'atmosfera quasi elettrica. Mi accorsi che stavo trattenendo il respiro, affascinato da quella scena così semplice e al tempo stesso così magnetica.
Andrea lavorava, ignaro della mia attenzione, mentre io rimanevo lì, a osservarlo, come se nient'altro al mondo avesse importanza.
Mentre lavorava, Andrea stava spostando alcuni attrezzi quando, distrattamente, urtò la coscia destra contro un ferro sporgente del trattore. Si piegò con una smorfia di dolore, stringendo i denti, ma senza lasciare che una parola gli sfuggisse. Non si era tagliato, ma il colpo era stato forte, tanto da costringerlo a zoppicare mentre si avvicinava a me.
"Mi stendo un attimo," disse, lasciandosi cadere su una balla di fieno accanto a dove ero seduto io. Dopo un momento di silenzio, sollevò lo sguardo e mi chiese, con un misto di timidezza e necessità: "Mi faresti un massaggio? Mi fa un male cane."
Non potevo rifiutare.
"Lascia fare a me," dissi, con un sorriso accennato.
Mi sedetti accanto a lui e iniziai a massaggiargli delicatamente la coscia. I movimenti erano lenti, attento a non fargli più male. Sentivo la sua pelle calda e sudata sotto le dita, il respiro regolare che si faceva più profondo man mano che il dolore sembrava alleviarsi.
Le mie dita si muovevano con attenzione, ma c'era qualcosa di più nel tocco, una tensione che non era solo cura.
Il fienile sembrava improvvisamente più caldo. Andrea mi guardava seguendo ogni movimento delle mie mani, ogni sfumatura dei miei movimenti. Gli occhi di Andrea si sollevarono e incrociarono i miei, fermi, ma con un luccichio nuovo.
"Va meglio?" chiesi, con la voce più bassa, quasi un sussurro.
Sì", rispose Andrea, ma non era sicuro di riferirsi al dolore.
Il tocco divenne più lento, quasi incerto. Andrea lasciò che le mie dita indugiassero diverse volte verso l'inguine. Entrambi stavamo trattenendo il respiro, consapevoli che quel momento stava scivolando verso qualcosa di diverso.
Le carezze si fecero più decise, salendo lungo l'inguine, finché Marco non posò le sue mani sulle mie portandole sul suo membro già turgido sotto i pantaloncini.
Lo sguardo che ci scambiammo fu la scintilla. Non c'erano più esitazioni. Chinai lentamente il capo verso il suo membro, Andrea mi afferrò per i capelli e mi fece strusciare il viso contro il suo pacco attraverso i pantaloncini. Ormai le barriere erano cadute, deciso gli abbassai i pantaloncini e scopro che era senza intimo.
"Porco" gli dissi. "Esci senza mutande?"
E lui: "da un pò di tempo sto fantasticando su questo momento in cui la tua bocca prova il mio cazzo, per questo non le ho messe".
A quelle parole accennai un sorriso aprii la bocca e lo feci godere. Era la prima volta che mettevo un cazzo in bocca. Lo avevo sempre immaginato, in quel momento speravo di essere bravo come le attrici che avevo visto nei video porno qualche giorno prima. Da come lo sentivo ansimare penso proprio di si.
Le mie mani e la bocca si muovevano con decisione quasi sfiorando, e Andrea non poté evitare di chiudere gli occhi, portando la testa all'indietro, abbandonandosi totalmente a quel godimento. Quando li riaprì, ero lì, a un soffio da lui, lo sguardo intenso e carico di un desiderio sopito troppo a lungo.
Poi, con una lentezza che sembrava infinita, le nostre labbra si incontrarono. Il primo bacio fu esitante, quasi timido, ma bastò un attimo perché si trasformasse in qualcosa di più.
Il massaggio era ormai dimenticato.
Le mani di Andrea scorrevano lungo la mia schiena, mentre i movimenti delle mie mani sul suo cazzo diventavano sempre più audaci. Ogni respiro, ogni tocco sembrava alimentare quel fuoco che ardeva tra noi da molto tempo. Il fienile divenne il teatro di un turbinio di passione, dove ogni barriera si sciolse, lasciando spazio solo al desiderio.
Alla fine, senza parole, ci abbracciammo. Un abbraccio che non era solo fisico, ma che racchiudeva tutto ciò che avevamo vissuto insieme, tutte le risate, i pianti, i sogni condivisi. Era un abbraccio che parlava di qualcosa che si era finalmente rivelato, qualcosa di bello e puro, che non necessitava di spiegazioni.
Avvolti da un profondo silenzio tornammo a casa, cosapevoli entrambi che niente sarebbe stato più lo stesso, il punto d'inizio di qualcosa di nuovo.
Non sapevamo cosa sarebbe successo dopo, ma in quel fienile, nel silenzio di quella campagna assolata di Luglio ci siamo persi l'uno nell'altro, scoprendo qualcosa di più grande della nostra amicizia, un'intimità che non avevamo mai osato immaginare: avevamo scoperto l'amore.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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